[…] Era quel tempo dell’anno – il culmine dell’estate – quando il raccolto dell’anno in corso s’è già definito; quando cominciano le cure della semina per l’anno prossimo, ed è vicina la falciatura; quando la segale ha spigato tutta e, grigio-verde, s’agita al vento con una spiga non granita, ancora leggera; quando le verdi avene, coi cespugli d’erba gialla sparsi in mezzo a esse, escono fuori inegualmente per le tardive seminagioni; quando il precoce grano saraceno matura già, nascondendo il terreno; quando i maggesi, battuti dal bestiame fino a diventare pietra, con le strade impressevi che l’aratro semplice non intacca, sono arati a mezzo; quando i mucchi seccati di letame portati fuori odorano all’alba insieme con le erbe melliflue, e nei luoghi bassi stanno, aspettando la falce, come un mare ininterrotto, le praterie tenute da conto coi mucchi nereggianti degli steli dell’acetosella sarchiata.[…]
(Lev N. Tolstoj – Anna Karenina)